Orientamento delle personalità infantile
Roberto Carlo Russo
Tratto in parte da R.C.Russo. Psicomotricità, C.E.A., Milano, 2018
I risultati dell’interrelazione tra le caratteristiche di un genitore e le risposte comportamentali del bambino mi hanno stimolato a ricercare le tipologie di orientamento della personalità infantile di più frequente riscontro (Russo 1997). Uso il termine orientamento in quanto le caratteristiche della personalità in fase di formazione sono recettive a cambiamenti consistenti per variazioni ambientali, per l’avvicendarsi di modelli familiari e sociali, per il vissuto delle esperienze e per eventi particolari di significativa incidenza sulla vita del bambino.
Con il seguente elenco non intendo definire una organizzazione patologica, ma un tipo di organizzazione neuropsicologica e di indirizzo delle modalità d’essere nella relazione con gli altri che, se perdurano nel tempo, impostano una stabilità nella strutturazione della personalità. Questi orientamenti possono assumere diverso gradiente di espressività, i casi con caratteristiche molto marcate rappresentano dei quadri limite tra la norma e la patologia e dovrebbero essere controllati come casi rischio. Se tali connotazioni si acuiscono nel tempo potrebbero indirizzarsi in senso patologico.
Nell’individuare diversi tipi è stata posta particolare attenzione alle caratteristiche effettivamente dominanti e tipizzanti il comportamento. Sono stati esclusi dalla ricerca i casi di patologia a genesi organica, cromosomica, genetica, le insufficienze mentali e tutti gli individui in cui seri eventi esterni, quali prolungate e precoci ospedalizzazioni, istituzionalizzazioni, gravi traumi fisici, allontanamenti prolungati dal nucleo familiare, abbiano potuto determinare effetti particolarmente gravi nella vita del bambino.
Si è cercato di evidenziare (a partire circa dai 2-3 anni) in ambiti familiari potenzialmente normali, le frequenti e precoci variabili che potrebbero in seguito organizzarsi in senso patologico. Sono stati valutati 93 bambini (dai 2,7 ai 14,5 anni; media = 6,5 anni) figli delle coppie genitoriali relative alla ricerca fatta sulla tipologia dei modelli parentali. La valutazione è stata fatta ricostruendo le caratteristiche del comportamento dai 2 ai 3 anni.
Norma
Sono individui sani con un’evoluzione armonica della personalità e con buone capacità di adattamento nelle diverse situazioni ambientali.
1. Dipendenti – Insicuri
Scarsa autonomia, carente impegno evolutivo, facile sudditanza, scarsa fiducia del sé, facile ansia, frequente ritiro in situazioni particolarmente impegnative, di norma scarso impegno nelle grandi attività motorie.
2. Ipermotori
Grande quantità e abilità nell’attività motoria, spiccata autonomia, tendenza al ruolo di leader, alta carica vitale, ricerca di alternative intelligenti alle frustrazioni, frequente pluralità di interessi.
3. Impulsivi – Reattivi
Domina un Es esplosivo, intolleranti alle frustrazioni, facili atteggiamenti infantili, risposte aggressive esasperate, difficili rapporti con i coetanei, tendenza a governare l’ambiente, facili oscillazioni tra momenti reattivi e depressivi, carente autonomia.
4. Ipoaffettivi
Rapporti superficiali con tutti, rare o assenti spontanee manifestazioni affettive, scarsa o assente disponibilità all’accettazione di manifestazioni affettive, tendenza all’isolamento, facili evasioni fantastiche, interpretazioni personali della realtà, carente adattamento alle modifiche ambientali.
5. Conflittuali
Dominati da frequenti conflitti tra Es e Super-Io, manifestazioni d’ansia e d’insicurezza in situazioni impegnative, facili regressioni, frequenti meccanismi difensivi nevrotici.
6. Perfezionisti
Domina un controllo esasperato dell’Io nei primi anni e successivamente del Super-Io sull’Es, frequenti meccanismi di rimozione e d’inibizione, molto adeguati alle richieste, ubbidienti e perfetti, rapporti di superiorità con i compagni, atteggiamenti di tipo adulto.
7. Iposociali
Domina l’Es incontrollato e incontrollabile, l’altro viene vissuto come un oppositore ai propri desideri, intollerante alle regole, tenta di imporre a tutti il suo volere, può essere anche reattivo e aggressivo.
8. Infantili
Emotività ed affettività immature in normali potenzialità evolutive. Tendono a comportarsi come bambini più piccoli, spesso capricciosi ed intolleranti alle frustrazioni, abili motoriamente, discretamente autonomi, sufficiente fiducia del sé.
9. Depressi
Scarsa quantità di attività motoria, carente motivazione per nuove attività e nuovi rapporti, pochi e superficiali rapporti interpersonali, carente reattività, tono dell’umore impostato verso l’indifferenza o la tristezza.
10. Controllati – Reattivi
Rispondono frequentemente alle frustrazioni con disinteresse, abbandonando l’attività o cambiandola, ma senza mostrare disappunto. In altre situazioni esplodono, per futili motivi, in scariche di aggressività specie autocentrata. Frequente è l’evasione fantastica.
11. Altri
Vi appartengono bambini di difficile o impossibile collocazione in un gruppo specifico per la presenza combinata delle caratteristiche sopra citate.
Learn MoreEvoluzione dei processi attentivi
Tratto dal libro R.C. Russo Motricità.
Nuovo approccio innovativo sulla valutazione delle competenze motorie sue variabili e relativi effetti.
Casa Editrice Ambosiana
(uscita febbraio-marzo 2020)
Una condizione essenziale per l’individuo umano e comune a tutti gli animali, è la possibilità di valutare gli stimoli ambientali per potere scegliere il comportamento più adeguato alla situazione in base alle proprie esperienze; la sopravvivenza dell’individuo dipende dalla capacità di localizzazione degli stimoli e di adattare il comportamento in funzione della loro valutazione (Rizzolati e Gallese,1988).
Le basi iniziali per l’impostazione funzionale dei processi attentivi sono rappresentate da due centri: il locus ceruleus, sito nella formazione reticolare del tronco dell’encefalo. Nicoll (1982) ha dimostrato che i neuroni del locus ceruleus scaricano in modo elettivo sui neuroni dell’ippocampo eccitandoli, mentre su altri neurori ippocampali hanno funzione inibente; il claustro (situato lateralmente al nucleo lenticolare) viene ritenuto importante per i processi di attenzione visiva in collaborazione con il pulvinar e il collicolo superiore (Crick, 1984).
Il locus ceruleus e il claustro, secondo Posner e Petersen (1990), fornirebbero le basi di attivazione di un sistema attentivo posteriore, (aree parietali, pulvinar, collicolo superiore) con funzione di analisi selettiva degli stimoli e un sistema attentivo anteriore (aree prefrontali, giro del gingolo, area motoria supplementare) con la funzione di valutazione degli stimoli in rapporto alle esperienze e una adeguata scelta comportamentale.
Norman e Shallice (1980, 1986) individuano delle strutture attentive processanti (sistema visivo, sistema uditivo, sistema motorio) con funzioni cognitive specifiche, schemi attentivi di controllo specifici per la situazione in atto, catalogo delle decisioni per la scelta degli schemi appropriati alla situazione e sistema attentivo supervisore con il compito di programmazione, di controllo durante l’azione, di verifica del risultato e di eventuale riprogrammazione dell’azione.
I processi attentivi evolvono nel corso dello sviluppo a partire da una organizzazione precoce comune a tutti gli individui. Tale disponibilità attentiva è già presente nella vita fetale; tra la 12° e la 14° settimana compare lo startel (sussulto) a seguito di stimoli meccanici portati sull’addome materno, verso la ventiquattresima settimane presenta rotazioni del capo a seguito di stimoli meccanici e verso la ventiseiesima settimana modifica la frequenza cardiaca a seguito di intensi stimoli sonori (Ianniruberto e Tajani, 1981). Questi comportamenti potrebbero già essere interpretati come i primi segnali di processi attentivi.
Sulla base di queste e altre iniziali risposte agli stimoli, si organizzeranno, con il progredire delle esperienze e dei processi neuromaturativi, funzioni attentive sempre più elaborate e atte a scegliere il comportamento più adeguato alla situazione in atto.
Per svolgere questo processo verranno implicate diverse strutture: analizzatori dei canali informativi (visivo, uditivo, sensibilità generale, olfattivo), sistema limbico (gratificazione e frustrazione), nuclei ipotalamici (mediazioni metaboliche e neuroendocrine da inviare all’ipofisi), talami (integrazione delle informazioni) il sistema simpatico e parasimpatico (regolazione delle funzioni vitali).
Dalla nascita o poco dopo, a seguito di stimoli visivi associati a movimento e/o a suoni, il neonato evidenzia atteggiamenti con mimica di stupore che si prolungano per 2-3 secondi; nei mesi successivi il bambino mostra un ricco atteggiamento mimico quando compare nel suo campo visivo la madre o altri stimoli particolari. Stimoli uditivi attivano l’attenzione precocemente. Einsenberg (1964) in una ricerca su 170 neonati esaminati tra la 3ᵃ e la 120ᵃ ora dalla nascita, con una serie di suoni diversi, d’intensità di 65 decibel, ha dimostrato quattro tipi di risposte: riflesso di Moro, chiusura palpebrale, attenzione, orientamento allo stimolo. Queste risposte stimolo-movimento, stimolo-difesa, stimoloattenzione, stimolo-orientamento che implicano l’intervento di diverse strutture, possono essere sottese da un unico primitivo obiettivo: la risposta ad uno stimolo eccitante il processo attentivo, diversificata nei neonati a seconda del valore soglia di accesso al tipo di risposta. Va ancora ricordato che il bambino alla nascita ha già una sua complessa organizzazione funzionale che si diversifica da individuo a individuo, pur rimanendo in un range normale.
I movimenti oculari nei primi10-15 giorni tendono a essere dipendenti da stimoli vestibolari (riflesso degli occhi da bambola), ma può essere presente un precario inseguimento visivo di stimoli luminosi in lento movimento, realizzato da ampi e incostanti movimenti saccadici; tale processo usufruisce della via collicolare (Aslin, 1981). Tra il 1½ – 2 mesi la fovea inizia a svolgere le sue competenze, riesce a discriminare i particolari (Actinson, 1984) e iniziano i movimenti oculari attivi di inseguimento degli stimoli in movimento. Questa capacità migliorerà nei mesi successivi.
Nei primi mesi è presente una barriera difensiva, costituita da soglie alte per i diversi stimoli, per permettere al lattante l’elaborazione graduale per non rischiare di esserne inflazionato da una quantità e/o intensità eccessiva. Alla nascita il fuoco è fisso a circa 20 centimetri, il cristallino inizierà tra un mese mezzo e i due mesi; l’acuità visiva è molto bassa (1-2 decimi), il campo d’attrazione è limitato e in questo primo mese l’esplorazione visiva indaga prevalentemente i contorni del viso rispetto allo sfondo, pertanto dominano i contrasti tra la figura e lo sfondo. Nel corso del secondo mese si assiste ad una esplorazione allargata del viso nei suoi particolari costitutivi (Aslin e Salapatec, 1975).
Questa limitazione spaziale condiziona il neonato a centrarsi sulla figura umana (in particolare il viso della madre), fatto che permetterà la prosecuzione della vita precedente (uterina) tramite l’aggancio positivo al nuovo ambiente di vita.
Un altro problema per l’evoluzione dei processi attentivi è rappresentato dalla possibilità di distogliere il centraggio su uno stimolo (per esempio il viso della madre) per prestare attenzione ad un altro stimolo. Posner e Peterson (1990) hanno chiamato questi processi disancoraggio e ancoraggio, le aree parietali per il disancoraggio, il pulvinar per il nuovo ancoraggio e i collicoli per lo spostamento dell’attenzione.
L’atteggiamento di stupore per un nuovo stimolo e il tempo in cui permane lo stupore costituisce il tempo necessario per il processamento dello stimolo al fine di mettere in atto il comportamento desiderato o consequenziale allo stimolo. Il tempo di processamento si abbrevia nel corso evolutivo in base alla quantità e qualità delle esperienze e in accordo con le caratteristiche personali.
Le modalità di attenzione agli stimoli (Norman e Shallice, 1980-1986) verranno appresi a seconda delle condizioni ambientali e dei modelli educativi, pertanto potranno essere molto variabili a seconda del tipo d’ambiente. Per maggiore comprensione delle variabili evolutive dei processi attentivi è sufficiente considerare la diversa disponibilità attentiva di un individuo che vive nella giungla, rispetto a quello che vive in una grande metropoli.
Oltre alle esperienze condotte dal bambino di sua iniziativa e analisi dei risultati, va anche tenuta in considerazione, per i processi attentivi, l’importanza educativa impartita e la preparazione difensiva (“stai attento, guarda dove vai”, “ma non l’hai visto?”, “la prossima volta te lo ricorderai”, ecc..).
Di norma, l’analisi delle varie disfunzioni attentive viene fatta sul singolo “portatore del disturbo”. Ci si sofferma sull’osservazione dettagliata dei sintomi e dei relativi comportamenti, per cui, la presenza di determinate costanti conferma la disfunzione stessa.
Frequentemente il bambino, visto come singolo individuo, è il portatore disfunzionale, quasi decontestualizzato, il suo ambiente è preso in considerazione per le conseguenze che il comportamento disturbante del bambino arreca all’ambiente stesso (familiari, insegnanti, compagni, ecc.). Vi è la difficoltà di prendere in esame l’ambiente come il luogo, in cui sorgono e si strutturano i processi attentivi. Ciò può avvenire anche per il bambino con sindrome dell’attenzione (ADHD), la cui eziopatologia è varia, articolata, con una pluralità di fattori, che concorrono sia alla sua genesi sia alla permanenza e al rafforzamento. Il contesto ambientale fornisce il clima psico-emozionale e i processi interattivi in cui si sviluppa la disfunzione.
Va evidenziato che qualunque possano essere le cause della disfunzione, il bambino nasce, cresce e sviluppa la struttura della personalità all’interno di un sistema principale, costituito dal nucleo familiare. L’ambiente familiare con il suo clima può accentuare, limitare o contenere la disfunzione a volte già presente alla nascita per atteggiamenti di risposte frequenti ed esaltate agli stimoli ambientali. Le basi psicoaffettive del bambino si strutturano in famiglia, che offre non solo gli stimoli, ma anche il contesto emozionale, nel quale il bambino già prima di nascere si trova inserito.
Il clima familiare crea l’ambiente e la rete relazionale, in cui il bambino cerca una sua chiara posizione psicoaffettiva come realtà autonoma e nello stesso tempo interdipendente. Un deficit nel processo identificatorio degli stimoli di più alto valore affettivo può causare arresti, inibizioni, espansioni irregolari (falso sé), instabilità di base e anche un eccesso di attenzione agli stimoli intercorrenti per disorientamento.
Da un punto di vista psicodinamico un bambino è ipercinetico o inibito perché fatica a trovare la sua collocazione sulle coordinate fondamentali dell’esistenza: lo spazio e il tempo. Egli sviluppa il primo spazio e il primo tempo, interni ed esterni, nello spazio e nel tempo del sistema familiare.
“Vi è la convinzione che l’esperienza del sé sia drasticamente dipendente dal contesto: vale a dire, radicata in specifici contesti relazionali […] In quest’ottica, tutte le caratteristiche e l’essenza stessa del sé – inclusi i pattern stabili della personalità e della patologia – si sviluppano e sono mantenuti all’interno dello scambio reciproco fra soggettività di cui sono anche funzioni” (D.M. Orange, G.E. Atwood, R.D. Stolorow, 1999). Le condizioni intesoggettive danno origine e mantengono particolari configurazioni soggettive sia nelle situazioni gratificanti che frustranti.Tag: evoluzione, psicomotricità, infanzia, motricità
Learn MoreValutazione delle posture nella grafia ed effetti collaterali
Valutazione delle posture nella grafia ed effetti collaterali
di Roberto Carlo Russo
L’espressione grafica (disegno e scrittura) è un complesso processo simbolico che richiede oltre alla evocazione e rappresentazione mentale anche la sua traduzione in segni grafici. Per una adeguata realizzazione, oltre alle competenze cognitive e motorie, è necessario una corretto atteggiamento posturale.
La postura del soma, in posizione seduta, deve essere con asse eretto privo di rotazione o flessione parziale, la distanza tra il piano della sedia e quello del tavolo deve permettere l’appoggio dell’avambraccio in modo che l’angolo con il braccio sia circa 90° e che il foglio o quaderno possa essere orientato sul piano in modo facilitante l’esecuzione, a sinistra per il destro, a destra per il sinistro; questi atteggiamenti semplificano la gestione dei movimenti dell’arto per gli spostamenti nello spazio. Le posture scorrette del soma, oltre a riflessi sulla realizzazione, determinano condizioni anomale del capo rispetto al rachide che, se protratte per anni, possono determinare disturbi muscolo-articolari e visivi.
L’impugno della matita dovrebbe essere realizzato tra primo e secondo dito, presa che gestisce il movimento, il terzo dito serve di appoggio e segue passivamente il movimento realizzato dai primi due. Ipertoni delle singole falangi o a tutta la mano creano eccessivo impegno neuro-muscolare e facilitano la difficoltà di gestione e l’affaticamento. Importante che la mano sia in asse con l’avambraccio, una sua estensione o una sua flessione facilitano la presenza di ipertoni, creando ulteriore stanchezza.
Posizione del capo dovrebbe essere in continuità rispetto all’asse corporeo, a giusta distanza dal foglio (circa 30 cm.) e non inclinato lateralmente per evitare che i due occhi lavorino con focalità diversa.
La mancanza di rispetto per le sopra citate posture rende il lavoro oneroso e difficoltoso specie nelle fasi di apprendimento della scrittura e realizzazione del disegno con riflessi negativi sul vissuto del bambino e sulle valutazioni dell’insegnante.
Le posture scorrette dell’asse corporeo, se perseveranti, determinano rinforzi anomali di gruppi muscolari, relative modifiche articolari con effetti di alterazioni del fisiologico assetto della colonna e in particolare del tratto cervicale. La postura scorretta del capo (inclinata) condiziona un diverso utilizzo della messa a fuoco delle due immagini, un maggiore sforzo dei cristallini e una difficoltà di sintesi a livello corticale.
Una valida educazione alle posture scorrette eviterebbe disturbi precoci: stanchezza, disimpegno, resa carente; disturbi a distanza (anche in età adulta) scoliosi, mialgie al collo, cefalee.
Tutti questi fattori, oltre a determinare situazioni di malessere nell’individuo anche nell’età adulta, determinano un conseguenziale aumento della spesa sanitaria.
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