Cosa (area benessere)
AREA BENESSERE
PERCORSI DI CONSAPEVOLEZZA SULLA GENITORIALITA’
Essere genitore è un “lavoro” molto complesso e spesso ci si trova soli ad affrontare situazioni difficili (momenti di crisi, passaggi evolutivi, cambiamenti, separazioni, lutti ecc… ) nella profonda incertezza di quelle che siano le modalità relazionali ed educative più idonee e funzionali al proprio nucleo familiare.
La famiglia e il rapporto con i genitori sono il luogo primario all’interno del quale si realizza la crescita e lo sviluppo del bambino. (o dei figli?)
I percorsi di consapevolezza sono interventi formativi e di sostegno psicologico rivolti alla famiglia, alla coppia genitoriale o il singolo genitore.
Gli incontri sono calibrati sui bisogni reali e concreti della famiglia e finalizzati alla costruzione di strategie e di risorse educative funzionali ed efficaci nella promozione di una sana crescita emotiva dei figli.
PERCORSO 1: Spazio incontro mamma bambino
Un tempo quando la nascita di un bambino era condivisa all’interno di famiglie allargate o in contesti sociali dove gli scambi con altri genitori erano la quotidianità, era più facile e più naturale avere un sostegno, un aiuto, un consiglio o un confronto. Oggi la nascita di un figlio avviene spesso all’interno di una relazione di coppia chiusa per diversi motivi: lontananza da casa, migrazione, mancanza dei propri familiari più stretti, mancanza di una rete amicale. Ad aggiungersi ai vari motivi che possono portare i neo genitori a vivere da soli dubbi e incertezze sui “primi passi” da prendere nell’educazione del proprio figlio si aggiungono modelli educativi in evoluzione, cambiamenti delle strutture familiari, confusione dovuta a troppa informazione con la difficoltà di selezionare ciò che ci appartiene.
Lo Spazio incontro mamma bambino fornisce un percorso rivolto alle mamme e i loro bambini (di età compresa tra gli 0 e 2 anni) per sostenerli nella relazione, nelle attività di gioco e nello sviluppo psicomotorio adeguato alla specifica fase evolutiva. Gli incontri favoriranno anche la condivisione e il confronto tra mamme, attraverso l’accompagnamento di un esperto che affronterà i temi cruciali del periodo perinatale: il sonno del bambino, l’allattamento, lo svezzamento, le regole, i tempi e i ritmi della giornata, ecc. Verranno inoltre condivise riflessioni sulle scelte educative, sui diversi stati emotivi che si muovono nella crescita di un figlio e sugli equilibri personali familiari dei neo genitori.
PERCORSO 2: strategie che stimolano lo sviluppo mentale e l’equilibrio psicofisico del bambino
Questo corso vuole fornire ai genitori, in maniera pratica e diretta, una guida e degli strumenti efficaci per superare momenti difficili che si possono incontrare ogni giorno nell’interagire con un bambino, al fine di trasformare questi momenti in opportunità per alimentare le risorse e le potenzialità del bambino e dell’intera famiglia.
Sulla scorta delle più recenti scoperte sullo sviluppo cerebrale, verranno offerti momenti di didattica e di confronto, filmati, attività pratiche, giochi da svolgere con i propri bambini per favorire un equilibrato sviluppo mentale del bambino. I genitori avranno anche a disposizione una dispensa che li guiderà (in maniera pratica e semplice) nella conoscenza delle funzioni del cervello e dei processi da attivare per favorire l’integrazione tra le diverse parti. Il corso insegnerà ai genitori come favorire una salute mentale ed emotiva del bambino, sostenendo la flessibilità, la capacità di adattamento, la stabilità e la capacità di comprendere sé stesso e il mondo che lo circonda. Imparando a conoscere il concetto di integrazione sarà possibile elaborare e attuare strategie che favoriscono uno sviluppo sano ed una buona relazione genitori/figli. Verranno fornite abilità che facilitino l’empatia, la comunicazione, la regolazione delle emozioni, la risoluzione dei problemi e dei conflitti.
Il corso della durata di 8 incontri è rivolto a genitori con bambini tra i 2 ei 12 anni e può essere svolto con sedute individuali o di gruppo.
PERCORSO 3: Incontri ludico-ricreativi tra genitori e figli
1 rivolto a genitori e bambini
2rivolto a genitori e adolescenti
(su questi attendo scritto da Francesca)
PERCORSO 4: come sostenere la crescita di un adolescente
Questo programma di lavoro promuove una conoscenza delle caratteristiche e dei bisogni dell’adolescente e fornisce ai genitori in maniera pratica e diretta delle occasioni per riflettere sul proprio stile relazionale e sui modelli di attaccamento loro e dei loro figli. Verranno svolti degli esercizi di tipo esperienziale per aiutare i genitori a riflettere sui bisogni dei figli, che sottostanno ai comportamenti problematici. Il lavoro ha il fine di aiutare i genitori a trovare delle risposte maggiormente sintoniche e facilitare la modulazione delle manifestazioni emotive, riducendo comportamenti a rischio e promuovendo uno sviluppo autonomo. Il percorso sostiene le capacità genitoriali di riflessione, di autoconsapevolezza e di autoregolazione che aumentano la capacità di affrontare il conflitto con l’adolescente, favorendo processi di collaborazione, negoziazione e cambiamento.
Basandoci sulle più recenti scoperte nel campo della neurobiologia interpersonale, viene fornita una guida per comprendere i processi mentali dei ragazzi, proponendo una serie di strategie, che stimolino il funzionamento cerebrale nell’adolescente per alleviare il disagio e la solitudine, rendendo più gratificante il rapporto con gli altri.
Il corso della durata di 8 incontri è rivolto a genitori con adolescenti tra i 12 e i 18 anni e può essere svolto con sedute individuali e/o di gruppo.
PERCORSI DI CONSAPEVOLEZZA PSICOCORPOREI
I più recenti sviluppi delle neuroscienze, hanno evidenziato il ruolo centrale svolto dai codici espressivi pre-verbali e corporei nella regolazione dell’esperienza emotiva e nel processo di crescita e di cambiamento, dimostrando anche che un’inibizione prolungata dell’azione crea una serie di squilibri psicofisici.
I percorsi di consapevolezza psicocorporea si basano sul riconoscimento dell’unità corpo-mente e lavorano, all’interno dei diversi contesti, per favorire la crescita psicologica e sviluppare la propria individualità nel rispetto profondo dell’unicità di ognuno. Le attività esperienziali promosse lavorano per sostenere un’unità coerente tra pensieri, azioni e sensazioni e favoriscono un riconoscimento (di sé?) ed una regolazione delle emozioni.
PERCORSO 1: Gruppi di educazione psicomotoria
Il percorso si rivolge ai bambini tra i 3 i 10 anni (i gruppi sono suddivisi per fasce d’età) e vuole favorire uno sviluppo armonioso e autentico del bambino attraverso attività di gioco e di movimento corporeo. Durante l’infanzia il gioco e l’attività motoria sono le condizioni più favorevoli per comunicare, esprimere, crescere e socializzare. Con l’ausilio di situazioni di gioco, viene creato un ambiente stimolante a fare esperienze di sé, della propria creatività e potenzialità che favoriscono un’integrazione tra aspetti motori, cognitivi e relazionali. L’attività di educazione psicomotoria promuove nel bambino: l’espressività globale; la sperimentazione delle proprie competenze, difficoltà e limiti; la consapevolezza ed il piacere delle proprie azioni sviluppando un’immagine positiva di sé e l’integrazione e la socializzazione con i coetanei.
Inoltre il percorso favorisce la capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo, e migliora le capacità di attenzione, concentrazione e comunicazione verbale.
PERCORSO 2: gruppi esperienziali psicocorporei
Il gruppo esperienziale psicocorporeo è un percorso di consapevolezza su sè stessi e sul proprio funzionamento interpersonale e relazionale in maniera interattiva e dinamica. Si avvale di un utilizzo integrato del canale verbale e non verbale (codici corporei)
Il percorso ha l’obiettivo di facilitare l’integrazione tra corpo e mente, aiutando le persone a sciogliere i blocchi energetici e i meccanismi difensivi che si creano sia a livello fisico che psicoemotivo, diminuendo il livello di stress e aumentando la resilienza. Questo percorso si serve di pratiche di respirazione, tecniche di rilassamento, esercizi fisici, attività di gioco, di role-playing e di teatro espressivo. Seguono momenti di condivisione e verbalizzazione della propria esperienza.
Il percorso della durata di 10 incontri è rivolto sia a gruppi di adulti che a gruppi di adolescenti.
PERCORSO 3: Mindfulness
La mindfulness è un invito alla consapevolezza ed è coltivata assumendo una curiosa posizione di “testimone imparziale” nei confronti della propria esperienza. Si avvale del respiro, dell’attenzione, dell’accettazione, della mente del principiante (va spiegato cosa vuol dire?) e ci permette di accogliere l’esperienza nel momento presente, facendo esperienze di calore e di contatto.
Il corso, rivolto sia ad adulti che adolescenti, (svolto in setting sia individuale che di piccolo gruppo) fornisce strumenti utili per essere meno critici e giudicanti, sia verso sé che verso la realtà, permette di controllare (controllare non mi piace molto) e contenere emozioni, sensazioni e pensieri negativi che possono portare alla sofferenza. Queste pratiche di consapevolezza portano a un senso di benessere psico fisico.
L’obiettivo non è eliminare ogni pensiero o emozione negativa, ma imparare a vederli per quello che sono, accettando che ci siano e sviluppando la capacità di scegliere un comportamento più riflessivo, invece di agire impulsivamente e peggiorare le situazioni.
Inoltre le pratiche di mindfulness ci permettono anche di imparare a controllare gli automatismi disfunzionali come farsi prendere dall’ansia, reagire con rabbia, lavorare o magiare troppo, evitando di agire governati dal “pilota automatico”. Questo porta ad un aumento dell’attenzione e della concentrazione funzionali al raggiungimento di obiettivi, in diversi ambiti come quello lavorativo, scolastico o relazionale.
PERCORSO 4: Movimento creativo
In questo momento in cui, più che mai il futuro ci appare incerto e ci sentiamo disorientati, abbiamo bisogno di scoprire un nuovo modo di orientare la nostra mente e il nostro corpo verso una maggior consapevolezza.
La proposta “movimento creativo” è un’esperienza di movimento per conoscersi, creare possibilità e libertà di espressione di sè stessi, grazie all’utilizzo di materiali e musica. Il percorso permetterà di sperimentare come distanza e prossimità possano coesistere in uno stesso spazio/tempo favorendo un ri-avvicinamento emotivo attraverso la mediazione del movimento, della danza e dell’azione del nostro corpo.
Questo processo attivato inizialmente dal conduttore, che crea la “scena” all’interno della quale si svolgono le sessioni, favorisce nelle persone la possibilità di esprimere le proprie potenzialità espressive e creative attraverso il corpo e il movimento, dando una lettura simbolica ad ogni esperienza vissuta.
PERCORSO 5: atelier d’arte
Cercare qualcosa e qualcuno
PERCORSO 6: Yoga consapevole
Cercare qualcosa e qualcuno
PERCORSI DI ABILITA’
Qualche riga di spiega….
Percorso 1: abilità di regolazione emotiva e di efficacia interpersonale
Questo percorso fornisce due tipi di abilità, quelle per regolare le emozioni e quelle per essere efficaci nelle relazioni. Le prime abilità lavorano per ridurre la vulnerabilità emotiva e la reattività. I partecipanti verranno guidati in maniera interattiva e pratica verso la capacità di riconoscere, comprendere e accettare le emozioni. Verranno fornite delle skills per favorire l’accumulo di emozioni maggiormente positive in linea con i propri valori e i propri obiettivi di vita e verranno esplorate attività che promuovono il prendersi cura di sé stessi e del proprio corpo nel rispetto dei propri bisogni e ritmi.
La seconda parte del lavoro si orienta sulle abilità per: costruire e mantenere relazioni positive; raggiungere i propri bisogni/obiettivi affermando sé stessi e rispettando l’altro; mantenere il rispetto di sé stessi essendo assertivi e trasparenti.
Le abilità verranno acquisite con la didattica, i giochi di ruolo, gli esercizi esperienziali e la condivisione tra i partecipanti.
L’attività viene realizzata in 8 incontri ed è rivolta sia agli adulti che agli adolescenti.
Percorso 2: abilità per tollerare la sofferenza, affrontare i conflitti e sostenere i cambiamenti.
Serate a tema (un aperitivo con l’esperto)
Le seratesono momenti formativi e di confronto informale per dialogare con psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri infantili, logopedisti su temi importanti per la crescita dei bambini e degli adolescenti. Gli incontri, gratuiti, sono rivolti a genitori, caregiver, insegnanti e operatori socio-sanitari.
Ad ogni serata verrà svolta un argomento differente. Le tematiche che affronteremo riguarderanno:
- La nascita di un figlio ed il ruolo genitoriale
- Le principali tappe di sviluppo evolutivo di un bambino e le possibili difficoltà che si possono incontrare
- Come riconoscere i disturbi alimentari e cosa fare per affrontarli
- I disturbi del sonno, come gestire e rimpostare i normali ritmi sonno e veglia
- Disturbi dell’apprendimento come riconoscerli e cosa fare
- Le risorse della famiglia e della scuola davanti alle esperienze difficili dei bambini (separazione, malattie e lutti)
- Come favorire la verbalizzazione delle emozioni dei bambini
- Il mare in tempesta: come vivere con un adolescente senza essere travolto dalle onde
- Dipendenza dalla rete e cyberbullismo
- Il corpo non mente: ascoltare i segnali del nostro corpo per prenderci cura della nostra anima
- Come gestire un conflitto utilizzando le tecniche di de-escalation
- Come regolare le emozioni e gestire efficacemente le relazioni
- Quali sono i nostri bisogni, i nostri valori e come raggiungere i nostri obiettivi
14.L’incontro tra culture diverse, processi di confronto e cooperazione tra famiglie
Learn MoreInsufficienza inibizione motoria
Insufficienza Inibizione Motoria
Questa sindrome è stata descritta da Russo (1987). Come già accennato nella patologia dell’atto motorio la carente maturazione del processo d’inibizione alla diffusione dello stimolo determina una serie di sintomi che possono riscontrarsi in diverse sindromi, ma che a volte assumono intensità tali da connotare, oltre alle caratteristiche motorie tipiche del deficit inibitorio, anche ben definite modalità comportamentali. In tali casi è ipotizzabile il riconoscimento di una sindrome specifica, chiaramente identificabile e soprattutto ben differenziabile dall’instabilità psicomotoria con la quale questi soggetti sono molto facilmente confusi.
Se si esamina la genesi dell’attività intenzionale possiamo constatare che l’atto motorio nasce come attività globale guidata da pulsioni innate che progressivamente vengono elaborate a livello corticale per un idoneo adattamento ad un fine intenzionale. Progressivamente l’atto globale, dispersivo ed antieconomico, subisce il processo inibitorio che limita l’intervento attivo solo al segmento corporeo utile ed indispensabile al fine preposto, permettendo tuttavia una parziale diffusione dello stimolo originario ad altri segmenti corporei che presenteranno movimenti sincinetici tonici e/o imitativi. Queste manifestazioni, frutto di una incompleta inibizione alla diffusione dello stimolo, dovranno successivamente scomparire per permettere l’avvio al processo d’integrazione somatica in quelle attività motorie che lo richiedono per il raggiungimento di un migliore risultato.
Il deficit inibitorio, associato ad altre carenze è facilmente riscontrabile in diverse patologie quali: la debilità motoria, l’instabilità psicomotoria, la disarmonia da scarso sé (Russo 1988b), la sindrome da scarso sé e numerose sindromi neuromotorie. Nella nostra casistica abbiamo individuato quadri sindromici specificatamente sostenuti da un deficit del processo d’inibizione alla diffusione degli stimoli motori in assenza di altri segni neuromotori.
Su 554 casi abbiamo diagnosticato in 15 bambini (2,7%) una Insufficiente Inibizione Motoria. I bambini, compresi tra i 5 e i 12 anni, hanno presentato tutti un regolare sviluppo psicomotorio nei primi due anni di vita e un normale livello intellettivo(testati col Raven PM 47). La motivazione d’invio alla visita è stata più frequentemente una difficoltà generica nell’apprendimento scolastico e una netta carenza di contenimento motorio. Importante è stato il riscontro costante di inadeguati modelli parentali rappresentanti con prevalenza da un eccesso di iperprotezionismo, oppure, in minoranza, da una periodica alternanza di modelli, da modelli contrastanti il processo di autonomia, da inversione del ruolo materno e paterno o da modelli limitanti e svalutanti. Tali fattori, se confermati in una casistica più ampia, potrebbero essere confermati come fattori potenziali di induzione della sindrome in soggetti particolarmente predisposti.
Nelle modalità relazionali di questi bambini è stato costante il riscontro di una carente fiducia del sé con tendenza alla dipendenza dall’adulto; in due casi vengono denunciate manifestazioni di eteroagressività reattiva a situazioni frustranti, in un solo caso un deficit di socializzazione con tendenza all’isolamento.
Caratteristico è il comportamento motorio: costante è la difficoltà di contenersi nel movimento, con la conseguente produzione di grandi quantità di attività espressa in modo antieconomico. Gli schemi motori di base sono indenni, ma la loro esecuzione è disturbata da un eccesso di sincinesie toniche (meno frequenti sono le sincinesie imitative) che a volte rendono l’efficienza dell’atto motorio scadente ed approssimativa; alcuni soggetti presentano note di infantilismo e/o la presenza di movimenti parassiti. Stabile è la difficoltà al rilassamento. L’attenzione agli stimoli ambientali è nella norma, mentre è compromessa costantemente la concentrazione agli obiettivi prefisssati, ipotizzabile all’eccessivo dispendio energetico per la presenza delle sincinesie.
In oltre la metà dei casi si evidenzia una modesta carenza maturativa delle prassie costruttive, mentre gli altri tipi di prassie risultano indenni. Probabilmente quest’ultima immaturità è sostenuta dalla sfiducia del sé nell’affrontare nuove attività, da una difficoltà a mantenere la concentrazione e dall’esecuzione affrettata, più che da una reale incapacità prassica. Di fatto, se il bambino viene opportunamente sostenuto e stimolato durante l’esecuzione, i risultati migliorano nettamente. Anche nelle attività scolastiche la resa migliora con un atteggiamento adeguato ed individualizzato.
È costante un più o meno marcato deficit d’integrazione somatica, deficit che risulta ben comprensibile in quanto l’integrazione può innestarsi solo su segmenti corporei non impegnati in risposte ipertoniche ed imitative, quest’ultime causate da una difficoltà nel processo d’inibizione alla diffusione degli stimoli motori in altre parti corporee non direttamente impegnate nell’azione.
La prognosi di questa sindrome è di norma buona con una lenta progressiva inibizione alla diffusione dello stimolo, ma frequentemente permane una caduta nella capacità di perseguire a lungo termine gli obiettivi, una sfiducia nelle proprie potenzialità ed una tendenza ad assumere un ruolo di gregario o a rimanere ai margini nel gruppo sociale d’appartenenza.
L’intervento psicomotorio influenza molto positivamente la prognosi, specie se anche i modelli parentali e sociali vengono adeguatamente sostenuti ed indirizzati nell’affrontare al meglio il compito educativo.
Per approfondimenti riferirsi a www.csppi.it
Learn MoreDisturbi della condotta
Disturbi della Condotta
Roberto Carlo Russo
(2009)
L’origine di questi disturbi, un tempo considerati capricci e spesso perseguiti con castighi e punizioni, può essere individuata dall’attenta analisi delle caratteristiche neuropsicologiche del bambino, delle modalità dei primi rapporti con la madre, della tipologia personale dei modelli di riferimento evolutivo, della modalità educativa. Questi tipi di disturbi sono diventati molto frequenti, a tal punto da essere considerati, da alcuni genitori specie nelle società benestanti, come parte di una condizione del processo evolutivo infantile. Tali condizioni, spesso generatrici di marcati disagi nei bambini, nelle famiglie e nella società, producono difficoltà nella relazione con gli altri e un’organizzazione problematica della personalità.
Il disturbo della condotta (DC) è un comportamento caratterizzato dalla persistenza dell’assenza di rispetto per i diritti delle altre persone e dal mancato adeguamento alle regole familiari e sociali. Nei DC vanno inclusi le forme di bullismo frequenti e persistenti (Olweus, 1993; Fonzi, 1997).
Possono essere distinte due forme di DC, una a esordio nel periodo infantile e una in fase adolescenziale (DSM-IV). Vi sono bambini con insorgenza precoce del disturbo (24-36 mesi) con un’evoluzione caratterizzata da manifestazioni con maggiore espressività in determinati periodi, spesso in concomitanza con situazioni ambientali che richiedono nuovi adattamenti comportamentali, mentre in altri periodi il comportamento è meno disturbante, ma con una continuità che tende ad assumere caratteristiche più gravi nelle fasi evolutive successive e in particolare nell’adolescenza. Per la diagnosi i sintomi devono persistere per almeno sei mesi, pertanto non vanno interpretati come DC quelle manifestazioni reattive e oppositive di breve durata per condizioni ambientali particolarmente impegnative per l’adattamento comportamentale.
Il DSM-IV individua come rappresentativi quattro sintomi: aggressione o minacce gravi a persone o animali, danni alle proprietà, violazione delle regole familiari e sociali, persistente atteggiamento negativizzante e mentoniero per ottenere vantaggi o evitare punizioni. Il DSM-IV ritiene necessari per la diagnosi di DC almeno tre dei sintomi sopra citati.
Per l’ICD10 – (F91) i DC sono caratterizzati da una modalità ripetitiva e persistente di condotta antisociale, aggressiva o provocatoria, la cui diagnosi va posta tenendo in considerazione l’età del bambino ed escludendo alcune manifestazioni tipiche di fasi precoci quali accessi d’ira e aggressività saltuaria. I sintomi più frequenti sono: manifestazioni aggressive verso persone o cose, crudeltà verso gli animali, danni a proprietà (distruzioni, furti, incendi), marcati accessi d’ira scarsamente motivati, assenze da scuola e fughe da casa, comportamento provocatorio e insolente, rifiuto di qualsiasi regola. Sono esclusi da questa diagnosi tutti i comportamenti antisociali isolati o molto saltuari.
I soggetti con DC hanno scarsa capacità di dare valore alle necessità del benessere altrui, non si percepiscono problematici, anzi ritengono gli altri offensivi e minacciosi nei propri confronti e per tale motivo giustificano il loro comportamento aggressivo e antisociale.
Genitori e insegnanti frequentemente non comprendono questi comportamenti come espressione di una patologia, ritengono il bambino capriccioso e necessario di castighi e punizioni, potenziando così le dinamiche vissute e aggravando le manifestazioni patologiche.
Sintomatologia e forme cliniche
L’ICD 10 differenzia le seguenti tipologie cliniche.
Disturbo della condotta limitato al contesto familiare (F91.0)
Il comportamento antisociale è attuato solo all’interno del nucleo familiare e le manifestazioni possono essere: furti a scapito dei familiari (specie di denaro), azioni distruttive di oggetti dei componenti la famiglia, aggressioni ai membri del nucleo familiare, provocazioni, opposizioni, non rispetto delle regole familiari, incendi e distruzioni di mobili e apparecchiature del nucleo.
Disturbo della condotta con ridotta socializzazione (F91.1)
Questo tipo è caratterizzato dalla presenza del comportamento tipico del disturbo e dalla mancata socializzazione con il gruppo dei coetanei che tendono a isolarlo per il suo comportamento. Le manifestazioni più frequenti sono: spacconerie e rissosità con i compagni, estorsioni e aggressioni verso i coetanei, mancato rispetto delle regole comunitarie, rifiuti alla collaborazione, violenti accessi di rabbia incontrollabile, azioni distruttive delle cose altrui, incendi, crudeltà verso i compagni e gli animali.
Disturbo della condotta con socializzazione normale (F91.2)
Caratterizzato da un comportamento antisociale e aggressivo che non avviene nel proprio gruppo di coetanei, nei cui confronti si comporta adeguatamente anche con legami di amicizia. La condotta antisociale si manifesta al di fuori del gruppo d’appartenenza, può rivolgersi verso adulti, familiari o altri bambini. Il gruppo d’appartenenza può essere un gruppo delinquenziale o anche formato da individui normali. Le manifestazioni più frequenti sono: spacconerie e rissosità con i compagni esterni al proprio gruppo, provocazioni, opposizioni, rifiuti alla collaborazione, furti, azioni distruttive, estorsioni e aggressioni, violenti accessi di rabbia incontrollabile, azioni distruttive delle cose altrui, incendi, crudeltà verso i compagni e gli animali, mancato rispetto delle regole comunitarie.
Disturbo oppositivo provocatorio (F91.3)
Questo tipo è caratterizzato da un comportamento persistente, ripetitivo e marcatamente ostile, oppositivo e provocatorio, in assenza di attività antisociali e aggressive. Il comportamento scorretto si manifesta verso adulti e bambini con rapporti di confidenza. Le manifestazioni più frequenti sono: sfide, provocazioni, scontri verbali e insulti, opposizioni alle regole e alle richieste di partecipazione, facile irritabilità, atteggiamenti negativizzanti, insolenti e offensivi. Da alcuni autori questo tipo non è considerato come DC (DSM-IV) anche se col tempo può trasformarsi in DC.
Eziopatogenesi
Diversi autori sostengono una predisposizione ereditaria associata a modelli familiari e/o sociali in contrasto con le necessità evolutive di un bambino con determinate caratteristiche personali. Raine ed altri (1990, 1994) ipotizzano una diminuita funzionalità del Sistema Nervoso Autonomo e la maggiore attività di neurotrasmettitori implicati nei meccanismi aggressivi e nel metabolismo della serotonina (Lahey ed altri, 1993).
Nei genitori di bambini affetti da DC sono di frequente riscontro (abuso di sostanze, patologie psichiatriche, carenze affettive, modelli educativi rigidi o assenti o frustanti, con la conseguenza di disturbo nel processo d’attaccamento, inizio dei disturbi del bambino e conseguente carente disponibilità di supporto affettivo-educativo da parte dei caregiver. I bambini con DC appartengono più frequentemente a famiglie con problematiche sociali ed economiche (Patterson ed altri, 1989), AACAP Official Action. (1997). I modelli parentali antisociali sono frequenti nei bambini e adolescenti con DC. Nei genitori di bambini con Disturbo Oppositivo Provocatorio è più frequente il riscontro di disturbi dell’umore. I tratti di maggiore riscontro nella personalità dei genitori di bambini con DC sono: depressione, abuso di sostanze, comportamenti antisociali.
Pur accettando la predisposizione genetica, risulta più significativo per determinare l’insorgenza del DC le caratterisitivhe dei modelli familiari e sociali.
Epidemiologia
Il U.S. Department and Human Services ha stimato che negli Stati Uniti il 6-16% è nei maschi e il 2-9% nelle femmine oltre il 18° anno di età presentano il Disturbo della Condotta.
Farruggia ed altri (2008) segnalano la frequenza dei DC nei paesi occidentali tra il 5 e il 10% nei soggetti di età compresa tra gli 8 e i 16 anni.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale va fatta nei confronti di: Sindromi da disadattamento (F43.2) Insorgono in un periodo di adattamento a un evento stressante (lutto, malattia grave, separazioni, ecc..) o a un sostanziale cambiamento di vita (cambio di città, migrazione, ecc..). I sintomi sono rappresentati da depressione, ansia, regressione.
Sindromi ipercinetiche (F90) in quanto con una discreta frequenza il disturbo crea conflitti con le figure di riferimento con facili isolamenti, colpevolizzazioni e punizioni, inducendo anche a far diventare il bambino capro espiatorio nel gruppo sociale di appartenenza; a queste situazioni il bambino reagisce con provocazioni e aggressioni.
Disturbo della condotta e delle emozioni (F92) caratterizzato da un comportamento provocatorio, aggressivo e antisociale, associato a sintomi depressivi o d’ansia. A volte è difficile la differenziazione dal Disturbo Oppositivo Provocatorio.
Disturbo da rivalità tra fratelli (F93.3) con intensa gelosia, ostilità e spesso aggressività verso il fratello o sorella che ritiene essere considerato avvantaggiato nel rapporto con i genitori.
Evoluzione
La prognosi è molto diversa secondo l’età d’insorgenza delle manifestazioni, le caratteristiche dei modelli genitoriali, la disponibilità ad un adeguato aiuto parentale, il gruppo di pari in cui è inserito, la possibilità di un aiuto terapeutico individuale per il bambino. Negli interventi tardivi o con rifiuto di aiuto è frequente il comportamento asociale nell’adolescenza e nell’età adulta, facile abuso di alcol e/o di sostanze illecite, azioni delinquenziali, furti, adesione a bande, suicidio.
Robins ed altri (1991) e Barry ed altri (1997) hanno evidenziato una significativa relazione tra i DC infantili e la presenza dello stesso disturbo in età adulta
Intervento
Importante è la segnalazione del medico di base e l’invio al Servizio di Neuropsichiatria Infantile per impostare l’intervento a livello individuale, familiare e sociale (scuola) (Kazdin, 1997) (Henggeler e Borduin, 1990) orientato a un superamento (ove possibile) delle problematiche personali dei genitori, dei rapporti di coppia e dei modelli educativi e delle condizioni economiche e socio-ambientali. Bailey (1996) evidenzia e sostiene che l’intervento precoce diminuisce la possibilità di strutturazione del disturbo e la continuità nell’adolescenza e nell’età adulta spesso sotto forme diverse. Fondamentale è la collaborazione scuola-famiglia e la presenza di una figura sanitaria che gestisca i collegamenti e la progressione degli obiettivi tra individuo, genitori e insegnanti. L’intervento psicomotorio al bambino avrà l’obiettivo principale di rielaborare i vissuti di carenze affettive, fare emergere fantasmi aggressivi destrutturanti e indirizzare verso lo stimolo alla fiducia del sé, all’affermazione nel rispetto reciproco e al vantaggioso miglioramento del rapporto con gli altri.
Bibliografia
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Patterson GR, DeBaryshe BD, Ramsey E. (1989) A developmental perspective on antisocial behavior. Am Psychol., 44:329–335.
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World Health Organization – ICD 10. (1996) Multiaxial classification of child and adolescent disorders. Cambridge University Press. Tr. It. Masson, Milano, 1997.
Tag: patologie
Learn MoreLateralizzazione
Processo di lateralizzazione
Roberto Carlo Russo
Questo articolo è una piccola parte del nuovo libro Motricità con impostazioni innovative, pubblicato nel mese di maggio 2020
La ricercatrice australiana Lesley Rogers (1970), studiando i polli ha scoperto che la lateralizzazione
è comune a tutto il regno animale. Altri autori hanno riscontrato nei mammiferi la predominanza d’interesse visivo di un emi-spazio rispetto al controlaterale e in diversi uccelli l’uso predominante di un arto dominante per portare il cibo alla bocca, nelle scimmie la preferenza dell’arto sinistro in compiti di discriminazione visiva e tattile (Ettlinger G.,1961).
Possiamo affermare che la lateralizzazione è una condizione fisiologia nel regno animale.
La lateralizzazione è il processo di natura genetica che permette la strutturazione di due emisferi cerebrali simmetrici con attività differenziate, ma fra loro funzionalmente integrati.
La sua organizzazione asimmetrica è condizionata dall’azione di marker molecolari che agiscono nelle fasi embrionali precoci (14°-15° giorno nella razza umana). La distribuzione degli organi a destra o a sinistra dipende da questi marker. Questo processo si sviluppa a livello embrionale determinando la diversità funzionale degli emisferi cerebrali, lateralità emisferica, che influenzerà la lateralizzazione somatica.
Emisfero sinistro è specializzato in Linguaggio Abilità logico-matematiche – Ragionamento Analisi delle caratteristiche dell’esperienza Categorizzazione delle esperienze Strategie cognitive | Emisfero destro è specializzato in Emozioni Creatività – Immaginazione – Analisi visiva Rappresentazione mentale spazio-temporale Riconoscimento volti ed espressioni mimiche Percezione della globalità di una struttura spaziale |
Lateralizzazione visiva
Nella specie umana la vista è progredita anche in rapporto al processo di lateralizzazione.
La lateralizzazione visiva è un’asimmetria strutturale delle funzioni visive, derivata dallo sviluppo della lateralizzazione nei due emisferi cerebrali.
Esistono nell’uomo alcune forme di lateralizzazione visiva:
Preferenze nelle direzioni di sguardo. Di fronte a compiti spaziali e verbali in merito ad abilità ed interessi intellettuali di natura scientifica e umanistica del soggetto, si è constatato che la dominanza di un emisfero piuttosto dell’altro è in rapporto sia al tipo di problema proposto sia alla tendenza caratteristica di ogni individuo di “usare” un emisfero rispetto all’altro (Gur&Gur, 1977).
Spostando lo sguardo a sinistra si attiva l’analisi delle strategie nell’emisfero destro, a destra quelle dell’emisfero sinistro (Gross et al, 1978).
Preferenze nella relazione tra campo visivo e mano. Per quanto riguarda la presa bimanuale di un singolo oggetto (Le&Neimer 2013) hanno rilevato che vi è una preferenza nel campo visivo sinistro e hanno verificato che è l’emisfero destro ad averne il controllo senso-motorio. In relazione alla presa mono manuale gli stessi autori (2014) hanno rilevato, nel dominante somatico destro, un vantaggio dell’emisfero sinistro nell’analisi visiva degli oggetti in entrambi i campi visivi.
Lateralizzazione somatica
Il processo d’induzione dalla lateralità assiale (genetica) alla lateralità distale (acquisita) si realizza nel corso del secondo anno e nella norma si impronta il suo orientamento si acquisisce entro il 24 ° mese per poi procedere negli anni successivi con eventuali modifiche.
Sulla base di questi processi risulta importante conoscere il percorso evolutivo fisiologico del processo di lateralizzazione del bambino e l’atteggiamento educativo dei modelli di riferimento familiari e sociali.
Il processo di lateralizzazione è influenzato da diversi fattori: genetici, condizionamento ambientale, scelte personali di adattamento agli stimoli. La dominanza emisferica sinistra che realizza la somatica destra, pur rappresentando il 90% degli individui, può essere relativa, giustificando una notevole possibilità di varianti nel complesso funzionale svolto dai due emisferi. Secondo Subirana (1969): 25% dominanza emisferica sinistra completa (somatica destra), 65% dominanza emisferica sinistra relativa, 10% dominanza emisferica destra completa (somatica sinistra).
La ricerca (Russo, Magnaghi, Marazzini, 1989), indagando la lateralità innata e quella acquisita e la loro espressività (completa e incompleta), in un campione di 800 bambini dai 3 agli 11 anni, per la mano, per il piede e per l’occhio, ha evidenziato trentadue combinazioni possibili tra lateralità destra, sinistra, completa o incompleta per la mano, il piede e l’occhio. Queste trentadue variabili subiscono modifiche nel percorso evolutivo, raggiungendo due apici, uno a 4-5 anni (sviluppo del disegno) e uno a 7-8 anni (sviluppo della grafia), per poi stabilizzarsi a 8-9 anni e rimanere tali anche nella età successive.
In una mia casistica su 1081 casi venuti all’osservazione per problematiche neuropsichiche, escludendo 219 casi inferiori ai 24 mesi, sono stati inclusi nella ricerca 858 individui di età compresa tra 2,1 e 16.1 anni. Tra questi 261 (30,28%) hanno presentato problemi di organizzazione del processo di lateralizzazione così distribuiti:
- Ritardo di acquisizione della lateralità (dopo i 24 mesi) 63,08%
- Sinistra innata – destra acquisita = 36,54%
Tra questi 261 casi, 61 presentavano una buona e frequente capacità della mano non dominante.
11 casi (nella fascia 4-6 anni) usavano nel disegno la mano sinistra nello spazio sinistro e superata la linea mediana, usavano la mano destra nello spazio destro, confermando di non avere ancora superato la linea mediana che nella norma viene superata tra gli 8-10 mesi.
Da quanto espresso, in accordo con le ricerche fatte a partire dagli anni 1950, va rimarcato che il processo di lateralizzazione non è semplicemente la prevalenza di una mano rispetto all’altra, ma è un continuo processo evolutivo corticale, motorio e cognitivo che acquisisce competenze sulla base del tipo di esperienze, apportando modifiche dell’organizzazione spaziale, delle modalità di attenzione e concentrazione visiva sia nella fase evolutiva che nell’adulta, periodo questo ultimo in cui è ancora possibile in casi di particolare necessità (danni fisici o carenza dell’arto dominante), una modifica organizzativa e funzionale della lateralità.
La possibilità di validi risultati evolutivi ha le basi nella corretta armonia tra il processo intenzionalità-percezione-valutazione spaziale-organizzazione motoria-risultato soddisfacente, tutto questo processo avviene per la stretta correlazione tra i due emisferi cerebrali e la relativa differenziazione funzionale che è l’essenza del processo di lateralizzazione.
Purtroppo la storia ci insegna che ancora oggi riscontriamo in alcuni ambienti e anche gruppi sociali la spinta ad usare la mano destra (da non sottovalutare che l’ostracismo ai sinistri ha generato l’aspetto sinistro, il tiro mancino, la mano del diavolo e dai la mano bella); il mancinismo è stato spesso considerato una menomazione da correggere. I musulmani considerano haram (= proibito) mangiare con la mano sinistra. Durante il ventennio fascista tutti i sinistri venivano rieducati a destra.
Il ritardo del processo di lateralizzazione condiziona un ritardo del numero di neuroni attivati per la mano lateralizzata, pertanto un ritardo dell’acquisizione dell’uso selettivo delle dita, minore abilità della mano, carenza dei processi cognitivi, diminuita capacità creativa. Va inoltre considerato che le abilità motorie sono strettamente correlate con l’organizzazione spaziale, la possibilità di movimento presuppone una valida conoscenza corporea e spazio-temporale.
Un ritardo o alterato gioco funzionale tra innato e acquisito, può determinare una difficoltà di trasformazione dal tridimensionale (modalità di vita reale) al bidimensionale (rappresentazione grafica del disegno e della scrittura) e la possibilità di fattori facilitanti la genesi dei disturbi specifici degli apprendimenti scolastici (DSA).
La sensibilizzazione verso questo importante processo evolutivo è praticamente inesistente o solo raramente praticata da parte di persone preparate. In famiglia, quando il bambino si approccia all’autoalimentazione, la mamma mette un cucchiaio a destra, di certo non uno a destra e uno a sinistra, alla scuola dell’infanzia il pennarello viene messo a destra; questi sono condizionamenti passivi, mentre quello attivo è la imposizione ad usare la destra. In parte dei casi le grandi potenzialità adattative del nostro cervello superano la difficoltà del condizionamento, ma spesso si innesta un problema di orientamento spaziale che successivamente si concretizza nel passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità, nella differenziazione tra destra e sinistra in situazioni di specularità, nella scelta più appropriata nella situazione contingente e nella rappresentazione mentale dell’organizzazione spaziale esterna.
Nella scuola dell’infanzia potrebbe essere fatta una valida sensibilizzazione per indurre un rispetto organizzativo della mente infantile, evitare problematiche conflittuali successive e permettere un accesso più fisiologico alla scuola primaria di primo grado. Tramite la numerosa stampa esistente, potrebbe essere effettuata una sensibilizzazione familiare su ampia scala.
Nell’ambito sanitario raramente vengono annotate informazioni sul processo di lateralizzazione, di norma la lateralità è segnata se è sinistra, mentre la lateralità destra viene data per scontata; nulla emerge sul potenziale conflitto tra innata e acquisita e sul ritardo di acquisizione.
Learn MorePrassie e lateralizzazioni
Prassie, Lateralizzazione, Grafia
impostazione innovativa per prevenzione, valutazione e terapia
30 – 31 maggio 2020
L’acquisizione delle prassie è preceduta da una organizzazione motoria che richiede una serie di competenze, senza le quali il processo evolutivo non può accedere al livello prassico. Per tale motivo risulta fondamentale conoscere in modo approfondito alcune specifiche competenze motorie di base prima di accingersi a valutare le prassie. Questo è l’obiettivo del corso al fine di una corretta valutazione e relativa impostazione terapeutica.
La lateralizzazione è un processo complesso, a impronta genetica, che si realizza in modo esperienziale. Le difficoltà evolutive della lateralizzazione hanno possibili ripercussioni sugli apprendimenti. Le tre problematiche principali sono rappresentate dal ritardo della acquisizione, dal conflitto tra il genotipo e il fenotipo e dal condizionamento ambientale. La possibilità di valutare questi aspetti può prevenire lo strutturarsi di alcune importanti carenze motorie, cognitive e relazionali. Diffusa è la disattenzione per questo fondamentale processo.
La grafia oltre alla capacità di controllo grafo-motorio, richiede una serie di adattamenti posturo-cinetici necessari per facilitarne la realizzazione. Questi adattamenti sono troppo spesso disattesi sia nell’ambito familiare (per carenza di competenza) sia nell’ambito scolastico (per carenza di formazione). Conoscere queste necessità aiuta il bambino a procedere adeguatamente limitando o escludendo disturbi consequenziali che si riflettono sugli apprendimenti e sulla relazione.
Programma
Prima giornata
Prassie e Disprassie
Ore 9,00 – 10,00
Processi evolutivi per lo sviluppo del movimento.
Ore 10,00 – 10,30
Partecipazione dell’emozionalità all’atto motorio
Ore 10,30 – 11,00
Variabilità dei disturbi dell’atto motorio e disfunzioni correlate
Ore 11,00 – 12,00.
Prassie: basi neurofisiologiche, caratteristiche funzionali e variabili individuali.
Ore 12,00 – 12,30
Riflessioni e discussione.
Ore 12,30 – 13-30 Intervallo
Ore 13,30 – 14,30
Definizione di disprassia da parte di alcuni autori.
Classificazione in uso delle disprassie
Ore 14,30 – 15,00
Diversa modalità di approccio valutativo delle competenze prassiche
Ore 15,00 – 17,00
Video e analisi di 9 bambini disprassici
Ore 17,00 – 17,30
Intervento terapeutico nelle disprassie
Ore 17,30 – 18,00
Riflessioni e discussione sulle prassie e disprassie
Docente
Prof. Roberto Carlo Russo
Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta
Modalità Iscrizioni
Crediti ECM 18,1 per: Medici, TNPEE, Psicologi, Logopedisti, Educatore professionale, Terapisti della Riabilitazione, Psicomotricisti (16 crediti F.I.Sc.O.P.)
Costo € 200,00 + iva (= € 244,00)
Massimo 15 partecipanti.
L’attivazione del seminario è subordinata alla iscrizione di un minimo di 10 partecipanti; in caso contrario la Direzione si riserva di comunicare la sospensione al più presto e verrà rimborsato solo la quota già versata.
Sede del Corso: CSPPNI s.r.l. Viale Marche, 93 – Milano
Per le iscrizioni rivolgersi a Intervision Italia al 02316790 o formazione@intervisionitalia.com
Seconda giornata
Processo di Laterizzazione
Ore 09,00 – 09,15
Basi biologiche della lateralizzazione nel mondo animale.
Ore 09,15 – 09,45
Importanza della visione nel processo di lateralizzazione
Ore 09,45 – 10,15
Lateralizzazione visiva nella specie umana e
Interdipendenza tra lateralizzazione cerebrale e lateralizzazione somatica
Ore 10,15 – 10,30
Espressività della lateralità congenita e acquisita e importanza in rapporto ai segmenti corporei.
Indagine della espressività dominate destra e sinistra in 800 casi dai 3 agli 11 anni.
Indagine della impronta genetica destra e sinistra in 146 bambini dagli 8 ai 16 mesi.
Ore 10,30 – 11,30
Patologia del processo di lateralizzazione
Intervento terapeutico nelle dislateralizzazioni
Ore 11,30 – 12,00
Confronto/dibattito sul processo di lateralizzazione
Ore 12,30 – 13-30 Intervallo
ORGANIZZAZIONE DELLE COMPETENZE GRAFICHE
Ore 13,30 – 13,45
La rappresentazione grafica è una attività comunicativa
Ore 13,45 – 14,45
Significato del disegno e sua evoluzione nel bambino
Ore 14,45 – 15,00
Scrittura apprendimento ed evoluzione
Ore 15,00- 16,00
Disgrafie: tipi ed evoluzione (analisi grafiche)
Ore 16,00 – 16,45
Analisi delle condizioni somatiche e spaziali per un approccio corretto alla realizzazione grafica.
Problemi in atto e a distanza derivanti da posture scorrette.
Ore 16,45 – 17,15
Ricerca, in un campione di 1050 casi, sulle correlazioni tra disprassie, dislateralizzazioni e disgrafie in 155 bambini.
Ore 17,15 – 17,45
Discussione e riflessioni sulle connessioni e interdipendenza tra prassia, lateralizzazione e grafia.
Intervento terapeutico.
Orte 17,45 – 18,00
Verifica per ECM