Questo articolo è una piccola parte del nuovo libro Motricità con impostazioni innovative,
sarà pubblicato da C.E.A e uscirà tra qualche mese.
La realizzazione dei disegni e della scrittura si avvalgono ambedue di simboli, i primi prevalentemente personali, i secondi caratterizzati da un codice comunitario, ma ambedue con il significato in comune di comunicare agli altri le proprie sensazioni, idee, pensiero e richieste. Importante mantenere collegate queste due espressioni di comunicazione sotto il termine generico di grafia: disegno e scrittura.
Verso la fine del secondo anno o nel terzo compare l’interesse per la realizzazione di segni grafici su una superficie con l’uso di una matita o pennarello impugnati nello stesso modo del cucchiaio (impugno a cacciavite); di norma il bambino realizza i primi scarabocchi su un foglio. In queste prime fasi la pressione sul foglio non è costante ed è frequente la realizzazione di segni molto marcati e altri leggeri. In questa attività, per ora, il controllo della vista sull’operato grafico della mano è incostante. Il tratto realizzato non assume ancora alcun significato grafico ed è ad un livello di sperimentazione motoria.
I primi disegni del bambino appaiono essere un esercizio di apprendimento di controllo del segno grafico, ma in seguito realizzano una propria modalità di conoscenza e di vissuto che viene mostrata all’adulto non per conferma, ma per comunicazione, anche se si aspetta una risposta alla propria produzione. Anche dopo l’apprendimento del linguaggio scritto il disegno permane come espressione personale che racconta le esperienze e produce l’immaginario arrivando anche all’espressione artistica.
Ben presto questo scarabocchio assume caratteristiche circolari e il controllo della vista sulla mano in azione diventa più costante (scarabocchio circolare) e dopo qualche mese viene dato un significato (scarabocchio con significato): nasce la rappresentazione che nel corso degli anni conquisterà nuove capacità esecutive e la possibilità di esprimere il proprio vissuto.
L’espressione grafica è una condotta che richiede l’evocazione e la rappresentazione mentale di oggetti ed avvenimenti tramite i significanti di significati che verranno espressi per mezzo di simboli grafici. L’espressione grafica è pertanto un complesso processo simbolico che richiede oltre alla evocazione e rappresentazione mentale anche la sua traduzione in segni grafici. Tramite questa capacità, come per il gioco simbolico, il bambino riproduce ed elabora con creatività le esperienze vissute e le adatta alle sue capacità e alle sue necessità di rielaborazione, di compensazione e di potenziale realizzazione.
Il bambino traccia le rappresentazioni grafiche non come percepisce la realtà, ma in rapporto alle sue capacità e modalità di significare alcuni particolari e dare risalto o esclusione ad altri.
Sia nel disegno che nella scrittura, nella maggior parte dei casi, la realizzazione viene fatta a tavolino richiedendo una postura adeguata sia per il corpo che per l’impugno dell’attrezzo grafico. Nell’epoca attuale circa il 50 % dei bambini e degli adulti assume una posizione scorretta del corpo e della modalità di tenere la matita o penna, per carenze educative sia familiari che scolastiche; risulta pertanto opportuno richiamare alcuni dati.
Importante osservare la postura del soma che deve essere seduta con asse eretto privo di rotazione o flessione, distanza tra piano della sedia e quello del tavolo tale da permettere l’appoggio dell’avambraccio in modo che l’angolo con il braccio sia circa 90° e che il foglio possa essere orientato sul piano in modo facilitante l’esecuzione verso sinistra per l’uso della mano destra e verso destra per l’uso della mano sinistra. Le posture scorrette oltre a riflessi sulla realizzazione, determinano condizioni anomale del capo rispetto al rachide che, se protratte per anni, possono determinare disturbi muscolo-articolari e visivi.
L’impugno della matita realizzato tra primo e secondo dito, presa che gestisce il movimento, il terzo dito serve di appoggio e segue passivamente il movimento realizzato dai primi due. Ipertoni delle singole falangi o a tutta la mano creano eccessivo impegno neuro-muscolare e facilitano la difficoltà di gestione e l’affaticamento Posizione del capo in continuità rispetto all’asse corporeo, a giusta distanza dal foglio (circa 30 cm.) non inclinato lateralmente per evitare che i due occhi lavorino con focalità diversa.
Come si è visto nell’evoluzione del processo di lateralizzazione, la definizione più specifica della lateralizzazione si verifica quando il bambino alla scuola primaria deve controllare il segno grafico secondo il modello impartito e non più come libera espressione nel disegno. È l’esercizio di controllo non solo del segno grafico, ma anche della propria emozionalità e dell’impegno di lavoro.
La realizzazione di questi impegni risulta più progressiva e meno onerosa se viene richiesta come una volta, diverse pagine di astine, piccoli cerchi, gambette, elementi che non richiedono la comprensione di significati specifici; dopo qualche mese (esercitazioni necessarie per il controllo del tratto grafico) sarà più agevole passare alla rappresentazione delle lettere e a seguire le parole.
L’immediata richiesta di scrivere fin dai primi giorni le parole carica il bambino non solo per il controllo del segno grafico, ma anche per la comprensione e realizzazione dei significati. Questo impegno può essere eccessivamente oneroso per alcuni bambini, specie se all’accesso alla primaria non hanno mai imparato a scrivere qualche lettera o il proprio nome. L’ambiente sociale attuale è molto stimolante e la scuola dell’infanzia ha l’impegno di preparare la pre-scrittura, ma la progressione naturale per gli apprendimenti deve gratificare il bambino e non umiliarlo nei confronti dei compagni già competenti. La socializzazione (primo impegno scolastico) è anche procedere per gradi tenendo in considerazione che in un gruppo i singoli membri si differenziano anche per le competenze; educare è anche rispettare la diversità e le diverse competenze e necessità di apprendimento.
Necessità educative per la migliore realizzazione della grafia
Primo principio educativo
E’ la postura adeguata e la corretta presa dell’attrezzo grafico (matita, pennarello, biro, penna) Il primo dito è quello che ha il maggiore numero di neuroni motori rispetto alle altre dita, il secondo dito è quello che ha il maggiore numero di neuroni sensitivi rispetto alle altre dita; da non dimenticare e non sottovalutare l’importanza delle due prime dita per organizzare la pinza, schema che nasce spontaneamente a circa un anno.
Secondo principio educativo
E’ il rispetto della lateralizzazione che alla prima classe della primaria è in fase di assestamento.
Intervenire a modificare l’indirizzo acquisito della lateralità, significa intervenire anche nei processi di comunicazione tra diverse aree (analisi percettiva, programmazione motoria, esecuzione, impegno emozionale, valutazione del risultato) e la possibilità di creare difficoltà di comunicazione e di progressione evolutiva.
Terzo principio educativo
è permettere e consigliare di tenere il quaderno orientato a sinistra (30°-45°) per l’uso della mano destra, orientato a destra (30°- 45°) per l’uso della mano sinistra. Questi orientamenti del quaderno escludono schemi più impegnativi e di maggiore consumo energetico proprio nelle fasi di apprendimento. Con il quaderno mantenuto in asse rispetto al corpo, il bambino per scrivere all’inizio della riga deve effettuare un movimento adduttorio e in seguito, per la progressione sulla riga, un movimento di spostamento laterale orizzontale che richiede l’intervento correttivo in senso posteriore della spalla. Per contro il quaderno orientato a sinistra o a destra permette per lo spostamento lineare solo una rotazione dell’omero. Da non sottovalutare che spesso l’adulto per maggiore comodità (direi funzionale) tiene girato il quaderno.
Gli studi sempre attuali di Ajuriaguerra e collaboratori (1971,1978, 1979) sulla evoluzione della grafia e relativi disturbi, hanno guidato gli studiosi verso una sempre migliore comprensione della problematica. Ajuriaguerra ha riconosciuto la fase precalligrafica, età di 6-8 anni, caratterizzata dalle difficoltà di esecuzione, la fase calligrafica, dopo gli 8-9 anni, caratterizzata dalla padronanza dell’uso della scrittura, la fase postcalligrafica, nell’età preadolescenziale e adolescenziale, contrassegnata dalla personalizzazione della scrittura.
Ajuriaguerra ha anche riconosciuto che la scrittura subisce modifiche non solo per l’età, ma anche per il sesso, la motivazione, per i condizionamenti ambientali, per le reali competenze della fine motricità e per problematiche di lateralizzazione. Questo autore ha individuato tre alterazioni tipiche: disorganizzazione spaziale degli elementi nella pagina, alterazioni da carente controllo della fine manualità (disprassici), errori nella forma dei segni della scrittura.
La valutazione della realizzazione grafica va fatta dopo la fase di apprendimento che di norma è a fine seconda elementare, ma può essere dedotta la futura difficoltà della scrittura anche dalle difficoltà di controllo grafico nel disegno del bambino di 4-5 anni.
La frequenza della disgrafia è variabile in rapporto al campione, alla lingua, al tipo di valutazione, per la lingua italiana A.I.D. (Associazione Italiana Disgrafie) su un campione di oltre 2200 alunni alla fine della quinta primaria di primo grado hanno riscontrato il 20,7 % di disgrafici trai quali 5,5% gravi, 80 % maschi. Tra quelli esaminati solo 0,7 % era stato segnalato dalla scuola, confermando che il fenomeno è decisamente sottovalutato o ignorato per carenza formativa.
Il processo di lateralizzazione e la grafia svolgono due ruoli essenziali nello sviluppo del bambino: il primo per gli effetti sulla organizzazione funzionale dell’encefalo, le relative competenze motorie, cognitive ed emozionali in rapporti spaziali; la seconda competenza per l’implicazione dell’immaginario nel disegno e la comunicazione sociale tramite la grafia. I problemi organizzativi della lateralizzazione e l’atteggiamento educativo dei modelli potrà facilmente determinare scompensi che si rifletteranno nell’uso della grafia e in particolare nella scrittura.
L’intervento che favorirà un approccio adeguato a queste importanti organizzazioni funzionali eviterà disturbi del movimento, della lateralità, della percezione e realizzazione spaziale, dismorfismi della colonna e disturbi visivi.
Da sottolineare che il dolore al tratto cervicale (cervicalgia) è un disturbo estremamente comune. Si stima che circa il 75% della popolazione generale sperimenti un attacco di cervicalgia nell’arco della propria vita. L’incidenza è maggiore nel sesso femminile e nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni. È una importante causa di assenza dal lavoro, collocandosi subito dopo disturbi quali lombalgia e depressione. Le posture scorrette del capo durante la scrittura (oltre 1500 ore per anno dai 6 ai 13 anni) influenzano la permanenza di ipertoni al collo e un uso di maggiore attività alle articolazioni del rachide cervicale e determinano una richiesta anomala di adattamento a tutto il rachide, facilitando la progressiva modifica della fisiologica curvatura della colonna e relative rachialgie.
I costi sanitari, anche a distanza, per disturbi della lateralizzazione, per la rieducazione della scrittura, per ginnastiche riabilitative, visite oculistiche e relativi rimedi, sono notevoli e molti potrebbero essere superati da una corretta educazione nell’ambito scolastico e familiare.
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