Insufficienza Inibizione Motoria
Questa sindrome è stata descritta da Russo (1987). Come già accennato nella patologia dell’atto motorio la carente maturazione del processo d’inibizione alla diffusione dello stimolo determina una serie di sintomi che possono riscontrarsi in diverse sindromi, ma che a volte assumono intensità tali da connotare, oltre alle caratteristiche motorie tipiche del deficit inibitorio, anche ben definite modalità comportamentali. In tali casi è ipotizzabile il riconoscimento di una sindrome specifica, chiaramente identificabile e soprattutto ben differenziabile dall’instabilità psicomotoria con la quale questi soggetti sono molto facilmente confusi.
Se si esamina la genesi dell’attività intenzionale possiamo constatare che l’atto motorio nasce come attività globale guidata da pulsioni innate che progressivamente vengono elaborate a livello corticale per un idoneo adattamento ad un fine intenzionale. Progressivamente l’atto globale, dispersivo ed antieconomico, subisce il processo inibitorio che limita l’intervento attivo solo al segmento corporeo utile ed indispensabile al fine preposto, permettendo tuttavia una parziale diffusione dello stimolo originario ad altri segmenti corporei che presenteranno movimenti sincinetici tonici e/o imitativi. Queste manifestazioni, frutto di una incompleta inibizione alla diffusione dello stimolo, dovranno successivamente scomparire per permettere l’avvio al processo d’integrazione somatica in quelle attività motorie che lo richiedono per il raggiungimento di un migliore risultato.
Il deficit inibitorio, associato ad altre carenze è facilmente riscontrabile in diverse patologie quali: la debilità motoria, l’instabilità psicomotoria, la disarmonia da scarso sé (Russo 1988b), la sindrome da scarso sé e numerose sindromi neuromotorie. Nella nostra casistica abbiamo individuato quadri sindromici specificatamente sostenuti da un deficit del processo d’inibizione alla diffusione degli stimoli motori in assenza di altri segni neuromotori.
Su 554 casi abbiamo diagnosticato in 15 bambini (2,7%) una Insufficiente Inibizione Motoria. I bambini, compresi tra i 5 e i 12 anni, hanno presentato tutti un regolare sviluppo psicomotorio nei primi due anni di vita e un normale livello intellettivo(testati col Raven PM 47). La motivazione d’invio alla visita è stata più frequentemente una difficoltà generica nell’apprendimento scolastico e una netta carenza di contenimento motorio. Importante è stato il riscontro costante di inadeguati modelli parentali rappresentanti con prevalenza da un eccesso di iperprotezionismo, oppure, in minoranza, da una periodica alternanza di modelli, da modelli contrastanti il processo di autonomia, da inversione del ruolo materno e paterno o da modelli limitanti e svalutanti. Tali fattori, se confermati in una casistica più ampia, potrebbero essere confermati come fattori potenziali di induzione della sindrome in soggetti particolarmente predisposti.
Nelle modalità relazionali di questi bambini è stato costante il riscontro di una carente fiducia del sé con tendenza alla dipendenza dall’adulto; in due casi vengono denunciate manifestazioni di eteroagressività reattiva a situazioni frustranti, in un solo caso un deficit di socializzazione con tendenza all’isolamento.
Caratteristico è il comportamento motorio: costante è la difficoltà di contenersi nel movimento, con la conseguente produzione di grandi quantità di attività espressa in modo antieconomico. Gli schemi motori di base sono indenni, ma la loro esecuzione è disturbata da un eccesso di sincinesie toniche (meno frequenti sono le sincinesie imitative) che a volte rendono l’efficienza dell’atto motorio scadente ed approssimativa; alcuni soggetti presentano note di infantilismo e/o la presenza di movimenti parassiti. Stabile è la difficoltà al rilassamento. L’attenzione agli stimoli ambientali è nella norma, mentre è compromessa costantemente la concentrazione agli obiettivi prefisssati, ipotizzabile all’eccessivo dispendio energetico per la presenza delle sincinesie.
In oltre la metà dei casi si evidenzia una modesta carenza maturativa delle prassie costruttive, mentre gli altri tipi di prassie risultano indenni. Probabilmente quest’ultima immaturità è sostenuta dalla sfiducia del sé nell’affrontare nuove attività, da una difficoltà a mantenere la concentrazione e dall’esecuzione affrettata, più che da una reale incapacità prassica. Di fatto, se il bambino viene opportunamente sostenuto e stimolato durante l’esecuzione, i risultati migliorano nettamente. Anche nelle attività scolastiche la resa migliora con un atteggiamento adeguato ed individualizzato.
È costante un più o meno marcato deficit d’integrazione somatica, deficit che risulta ben comprensibile in quanto l’integrazione può innestarsi solo su segmenti corporei non impegnati in risposte ipertoniche ed imitative, quest’ultime causate da una difficoltà nel processo d’inibizione alla diffusione degli stimoli motori in altre parti corporee non direttamente impegnate nell’azione.
La prognosi di questa sindrome è di norma buona con una lenta progressiva inibizione alla diffusione dello stimolo, ma frequentemente permane una caduta nella capacità di perseguire a lungo termine gli obiettivi, una sfiducia nelle proprie potenzialità ed una tendenza ad assumere un ruolo di gregario o a rimanere ai margini nel gruppo sociale d’appartenenza.
L’intervento psicomotorio influenza molto positivamente la prognosi, specie se anche i modelli parentali e sociali vengono adeguatamente sostenuti ed indirizzati nell’affrontare al meglio il compito educativo.
Per approfondimenti riferirsi a www.csppi.it
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